Pascal Campion Art

E’ la semplicità di una vita di coppia ben riuscita a fare, più di ogni altra cosa, una vita ben riuscita

Concordo con questa frase di Arnaud Desjardins poiché, effettivamente, è comune vedere che, quando una coppia è salda, affiatata e serena, qualunque avversità la vita proponga, questa viene affrontata con meno fatica e più  risolutezza. Insieme, le energie sono amplificate e si riesce a far fronte a qualsiasi difficoltà.

Quando, invece, la coppia scoppia è altrettanto comune constatare quanto sia facile perdere equilibrio e tranquillità anche negli altri ambiti della nostra vita. Un po’ tutto viene messo a soqquadro, paure e dubbi si insinuano ovunque ci fossero prima delle sicurezze e l’infelicità sembra contagiare qualunque aspetto della vita. Le forze vacillano e ci si mette in discussione.  Quanti potrebbero sottoscrivere di aver vissuto tutto questo alla fine di una relazione importante!

La domanda a cui tutti vorremmo trovare risposta certa è:

Come possiamo assicurarci una relazione che sia per sempre, senza che quel “per sempre” voglia dire sacrificarsi, annullarsi, mandar giù bocconi amari,  pur di non mettere fine alla relazione?

Insomma: Come stare insieme per sempre felicemente?

Tutte le favole lette da bambini terminavano con quelle magiche parole: E vissero felici e contenti!

Nessuno, però, spiegava mai come facessero la principessa e il principe a vivere felici e contenti.

L’intento che metto in questo mio scritto è quello di riflettere insieme a voi lettori su alcuni aspetti su cui penso si possa lavorare, per rendere il più possibile le nostre relazioni solide, appaganti, nutrienti e armoniose.

Nello scorso articolo avevo puntato l’attenzione su quanto spesso capiti di portare nella relazione di coppia le ferite emotive del bambino che siamo stati, il cui riemergere determina dinamiche disfunzionali nella coppia. Trasmutare quelle ferite prima di iniziare una relazione ci permetterebbe di evitare di essere in coppia nel bisogno. Un bisogno di riparazione. E tutto sarebbe più semplice e fluido.

Conosco, però, molte coppie che hanno saputo, insieme, aiutarsi a guarire i rispettivi irrisolti. Questo processo diventa possibile solo se si sceglie di impegnarsi l’uno con l’altra, se c’è la volontà di guardarsi dentro, di fare uno sforzo introspettivo, certi di potersi affidare all’altro in tutta autenticità.

Detto questo, io credo che, il primissimo passo che una coppia possa fare è mettere mano alla volontà di conoscersi reciprocamente a fondo e di rimanere entrambi in un costante atteggiamento di scoperta dell’altro man mano che cresce, che cambia, che la sua vita avanza.

La noncuranza e la disattenzione, rispetto ai vissuti emotivi passati e presenti del partner, rispetto al suo mondo interiore, rispetto ai suoi bisogni, ai desideri e ai sogni, alle paure e alle preoccupazioni, alle speranze, alle aspirazioni,  alle aspettative, al suo senso del vivere, alla sua idea di felicità, portano a deteriorare il rapporto.

In questo processo di conoscenza i partner  possono andare oltre a ciò che all’inizio della storia aveva attirato la loro attenzione, ovvero le affinità, i desideri condivisi, i valori comuni e i bisogni similari.

Si scoprono le differenze.

E’ a questo punto che i due partner possono sperimentare la meraviglia del sentirsi ascoltati dall’altro, compresi, valorizzati e supportati nel libero compimento della propria autorealizzazione. Possono sperimentare la meraviglia di poter essere se stessi, senza sentirsi giudicati, al contrario accolti e accettati. In una parola, possono sperimentare la meraviglia di sentirsi amati da qualcuno che li ha scelti come compagni di vita. E’ nella capacità di accoglienza di queste differenze, che si può scoprire di avere l’opportunità di crescere, imparando a guardare e a pensare da nuovi punti di vista, si può scoprire quanto avere accanto una persona diversa, ma complementare, possa aiutarci ad affrontare la vita con nuovi strumenti. Si scopre quanto la relazione possa essere, dunque, arricchente.

Il rispetto è una necessità collaterale affinché questo atteggiamento di apertura sia possibile. Rispetto significa anche comprendere quando e quanto quelle differenze emerse non vadano in conflitto coi propri valori, con la propria filosofia di vita, con le proprie necessità, bisogni e sogni.

Concentrarsi su tutti gli aspetti positivi che si è imparato a conoscere, sulle qualità che si ammirano dell’altro è l’antidoto che tiene lontano la critica e il disprezzo, due “acidi” che distruggono il legame fra partner, insieme alla lamentela in cui si inciampa quando non si è imparato a comunicare in modo autentico i propri desideri.

Un altro elemento che io credo sia essenziale sviluppare, per rendere salda la relazione, è la complicità.

La complicità è una vera e propria connessione che i partner vivono quando, insieme, si sentono un “noi”, che non annulla e non schiaccia le singole individualità, ma le rende semplicemente più forti. E’ un senso di appartenenza che nulla ha a che fare col possesso, ma col sapere di avere qualcuno su cui si può sempre contare, qualcuno che sta sempre dalla nostra parte anche quando ci fa notare i nostri sbagli.

E’ la complicità che permette ai partner di mettersi reciprocamente nella migliore condizione possibile per costruire ognuno la propria felicità, per poi essere felici insieme. Ed  è sempre la complicità che alimenta la tenerezza e l’intensità dei gesti d’amore, che alimenta la lealtà e la fiducia. La qualità della relazione è determinata anche dalla capacità di ironia e di giocosità che i partner sapranno esercitare nel loro vivere quotidiano.

Concludo con queste righe di Eric Berne:

“Voglio amarti senza aggrapparmi a te, voglio apprezzarti senza giudicarti, voglio essere con te senza invaderti, invitarti senza comandare, averti senza sensi di colpa, criticarti senza incolparti, aiutarti senza insultarti.  Se posso avere la stessa cosa da te, allora possiamo veramente incontrarci e arricchirci reciprocamente”.