I bambini, dai due anni in poi, è possibile che inizino ad avere comportamenti provocatori e sfidanti ed è così che molti genitori si lamentano:

mio figlio mi sfida in continuazione, è un monello.

In una certa misura questi atteggiamenti oppositivi fanno parte di un normale processo di crescita.

A questa età hanno ben compreso, oramai, di non essere un tutt’uno con la mamma e stanno, sempre più, cercando di costruire la loro identità.

Desiderano diventare ogni giorno più autonomi, hanno bisogno di sentirsi capaci e di esercitare il loro diritto di scelta, così poco preso in considerazione dai genitori, perché li vedono “piccoli”.

Mamma e papà, spesso, non si rendono conto di passare le giornate a dir loro cosa non devono fare, o cosa devono fare e come e a dar suggerimenti continui.

Se, invece, l’atteggiamento oppositivo è più rimarcato, dietro potrebbe esserci una sorta di richiesta di aiuto.

E’ possibile che quei bambini sentano il bisogno di essere “visti”, di ricevere più attenzioni, specialmente se, nel frattempo, è arrivato un fratellino o una sorellina in famiglia.

Può essere che, per qualche motivo, abbiano bisogno di ricevere rassicurazioni in merito all’essere accettati e amati per come sono, qualunque cosa facciano. Capita, per esempio, quando in famiglia c’è un fratellino o una sorellina o un cuginetto che percepiscono come diversi da loro perchè mansueti e lodati per la loro tranquillità.

Può essere che l’atteggiamento oppositivo sia espressione di una rabbia che provano e che non sanno come gestire. In questo caso hanno bisogno di contenimento, di empatia e di un ascolto profondo per comprendere cosa ci sia dietro a quella rabbia.

Talvolta i bambini etichettati dai genitori per il loro deciso e vivace temperamento, semplicemente rendono tangibile l’etichetta che si sentono appiccicata addosso. I bambini non mettono in discussione i genitori. Questo succederà nell’adolescenza. Se i genitori dicono che “sono” monelli, si comporteranno esattamente così.

Qualunque sia il motivo di questi svariati atteggiamenti di sfida i genitori sono messi a dura prova.

Si chiedono come reagire, come comportarsi per far rispettare le regole, come mantenere l’autorevolezza che sentono osteggiata.

A volte riescono  a gestire bene il momento, a volte perdono la pazienza quando la stanchezza, la fretta, le preoccupazioni della vita hanno il sopravvento.

Quali possono essere i suggerimenti da considerare per riuscire a superare questo periodo così impegnativo?
  • Mantenere il più possibile la calma.

Cerchiamo di essere pazienti, questo periodo passerà. Possiamo chiedere un po’ più di aiuto se è un periodo molto stancante per noi. Perché se si risponde alle loro provocazioni si innesterà una dinamica distruttiva. Noi siamo gli adulti e possiamo pensare a come svicolare dalla sfida. Scegliamo quali sono le regole per noi prioritarie ed irrinunciabili su cui esercitare la nostra autorevolezza (non l’autorità che si basa su minacce, punizioni, premi e sculacciate). E capiamo su cosa possiamo essere più flessibili e tolleranti. Così per esempio, la manina per strada non può essere messa in discussione. Ma , se vogliono andare all’asilo vestiti con abbinamenti di colori strani ma che a loro piacciono anche se improbabili, possiamo scegliere di lasciar andare il controllo su questa cosa. E quando fissiamo un limite, non dimentichiamoci di condividere in modo empatico: “In strada mi devi dare la mano. Non si può fare in modo diverso. E’ pericoloso e io ho una grandissima paura che una macchina ti possa fare male. Quando arriveremo al parco potrai salire da solo sullo scivolo dei bambini grandi”.

Per il resto permettiamogli di sperimentare il diritto di scelta:  “Fa freddino. Preferisci mettere il pulloverone pesante o la giacca?” Se nostro figlio è sfidante da un po’ di tempo, ci vorrà pazienza per disinnescare la dinamica di opposizione. Parlargli in questo modo, forse, non funzionerà la prima volta. Diamogli tempo per percepire il nuovo modo di parlare con cui scegliamo di relazionarci con lui.

  • Impariamo a parlare in modo diverso.

Le regole importanti che vogliamo siano rispettate devono essere espresse in modo chiaro e comprensibile per l’età del bambino. Ricordiamoci che a questa età non sono in grado di comprendere il senso del tempo e non sono capaci di pensiero astratto. “Potremo andare al parco domani, che sono in ferie” è una frase incomprensibile per un bambino di tre anni. Quand’è domani? E che le regole siano esplicitate come regole e non come comandi: “A tavola si sta seduti” e non “Stai seduto!”.  Chiediamoci anche se sia “fattibile” ciò che gli chiediamo. E’ fattibile per un bambino di 3 anni stare seduto a tavola per due ore in un ristorante elegante? A volte la sfida è semplicemente incapacità di fare ciò che gli stiamo chiedendo.

  • Empatizziamo con loro sempre.

Non è facile essere bambini. Facciamogli sentire la nostra comprensione. C’è così tanto da imparare alla loro età, le emozioni poi arrivano come onde e non sanno come gestirle. Tutti li dirigono sapendo cosa sia meglio per loro. Spesso imponiamo loro ritmi che non sono da bambini. Hanno diverse paure, vogliono diventare autonomi, crescere, ma si sentono ancora tanto dipendenti e bisognosi.

Hanno necessità di genitori che li comprendano, che contengano le loro ondate emozionali e che nel contempo dispongano quei paletti che gli permettano di esperire in un perimetro sicuro. I bambini sono in grado di percepire tutto questo.  E se ricevono empatia saranno più tranquilli.

Possiamo anche pensare di condividere i nostri vissuti emotivi per rafforzare i loro comportamento positivi e allenarli ad essere reciprocamente empatici. “Grazie, tesoro, per avermi permesso di finire di lavare il pavimento. Avevo proprio bisogno della tua collaborazione. Il tuo aiuto è stato prezioso”. “E’ stato bello vedere che hai imprestato il gioco a tuo fratello. Hai visto come era contento? E tu? Come ti sei sentito ad imprestarglielo?”

  • Cerchiamo di essere coerenti e d’esempio.

Soprattutto nel trasmettere il valore del rispetto. Se nostro figlio sta disegnando su dei fogli, ma è arrivato il momento di apparecchiare e dunque gli diciamo “Per oggi basta” e raccogliamo alla bell’e meglio matite e fogli senza aver rispetto dei suoi disegni, di cui molto probabilmente e tanto orgoglioso, sarà paziente quando gli chiederemo tre minuti  prima di dargli un bicchiere di acqua perché stiamo scolando la pasta?

  • Lavoriamo sulla loro autostima.

Possiamo lavorare per aiutarli ad avere un’immagine di sé positiva. E quando è necessario riprenderli, critichiamo il comportamento e non la loro persona. Anziché dire: Sei un monello!, proviamo a dire “Hai avuto un comportamento da monello, ma io mi fido di te e del fatto che sai comportarti in modo gentile”

E’ impegnativo essere genitori, ma anche essere figli non è facile. E a volte, la cosa più difficile per un genitore non è controllare i comportamenti dei figli, bensì controllare i propri.