Donne che amano troppo Giusi Ferrario love coach“Donne che amano troppo”  è una locuzione presa in prestito da Robin Norwood per definire le donne che soffrono di dipendenze affettive.

Le donne amano troppo quando nel loro sentire esiste l’equazione “Amare = soffrire”. Quando pensano sempre a “lui” dal primo pensiero del mattino prima ancora di riconnettersi con loro stesse e chiedersi come stanno e se abbiano riposato bene, all’ ultimo alla sera. Quando parlano sempre di lui e se è una persona con dei problemi leggono qualsiasi cosa possa illuminarle per potergli essere d’aiuto. Insomma quando tutte le loro energie sono focalizzate sulla relazione a discapito di tutto il resto della loro vita.  Una relazione di cui hanno bisogno come dell’aria per sopravvivere. Sono donne che amano troppo se la percezione che hanno di sè è quella di essere a metà, manchevoli, alla ricerca di qualcuno che le completi e che se si allontana fa sentire un vuoto intollerabile. Ciò accade quando sono incapaci di star da sole e guardano alla solitudine come ad una condizione associata all’ infelicità, al rifiuto, all’ abbandono e all’ isolamento e non come ad un momento anche estremamente necessario e di nutrimento.  Sono donne che amano troppo se vivono per procura ovvero se non ci sono interessi, passioni o progetti di nessun tipo che prendano posto nel loro cuore, tantomeno desideri o sogni da realizzare. Ma il mondo di lui lo fanno diventare il loro. Vivono attraverso la sua vita, incapaci di vivere per sè stesse. E’ così che abbracciano i suoi stessi hobbies, sport e  attività. Spesso questo atteggiamento è acuito quando la gelosia della donna che ama troppo prende il sopravvento, alimentata dalla paura dell’abbandono trasformandola in una partner possessiva e controllante.

L’attaccamento è ciò che c’è di più distante dall’amore.

La gelosia può anche essere celata sotto una eccessiva dolcezza o adulazione e seduzione, volte a manipolare l’amato, sotto modi di fare vittimistici o può esprimersi attraverso dei perfetti ricatti affettivi. Sempre per paura del rifiuto può essere che  abbiano paura di esprimere i loro pensieri e bisogni o di concedersi di essere esattamente quello che sono. Quando sono convinte di non meritare di essere amate, e quindi vivono nella continua paura di non piacere ed essere ignorate o lasciate al proprio destino, cercano di compiacere, di rispondere alle aspettative altrui reali o percepite che siano, calpestando anche, se necessario, i loro valori e principi fino ad annullarsi o a perdere la dignità. Cosa che fa crescere in modo esponenziale la disistima di sé. Dunque sono donne che amano troppo quando amano a spese del rispetto per sè e arrivano ad accettare situazioni e comportamenti intollerabili. Si capisce di soffrire di dipendenza affettiva nel momento in cui ci si rende conto di aver perso l’ equilibrio psico-emotivo,  a volte la salute, talvolta la sicurezza. Si è dipendenti affettive se non si ha un’autonomia affettiva cioè quando da sole non si riesce a darsi valore ma lo si ricerca nell’ amore dell’altro e nella relazione in cui si spera di trovare la felicità. Le donne amano troppo quando giustificano ogni suo cattivo comportamento o malumore o atteggiamenti di indifferenza o il suo caratteraccio dicendo che tutto è causato dai dolori di cui ha sofferto nel suo passato e si adattano alle sue modalità anche se non piacciono ma che credono di poter cambiare con la loro dedizione e il loro affetto. E per questo lo aiutano con qualsiasi mezzo assumendosi spesso le sue responsabilità.

Ma CHI sono le donne che amano troppo?  Sono quelle donne che hanno dei vuoti affettivi interiori che le rendono come dei vasi fallati. Tanta acqua si mette dentro tanta ne esce finché la falla non viene chiusa, aggiustata. Donne che hanno dei vuoti legati alla loro identità di donna, che non si riconoscono il proprio valore intrinseco e la loro ricchezza interiore fatta di talenti, doni, gusti, desideri e sogni, bisogni, emozioni e pensieri. Donne che, incapaci di entrare in contatto profondo col mondo delle loro emozioni, non hanno mai imparato ad amarsi. Si svalutano, si criticano, si sminuiscono.  Da bambine può essere che non abbiano ricevuto sufficienti attenzioni, cure e tenerezze materne o quell’ amore protettivo di un padre che non ha saputo svolgere il suo ruolo paterno o è stato emotivamente non disponibile. Il bisogno di essere amati dei bambini, che equivale al diritto di esistere, viene soddisfatto se il bambino viene accudito, accettato, protetto, coccolato, ascoltato nei suoi bisogni e se può sentire partecipazione, incoraggiamento e apprezzamento per come è. Se non riceve tutto ciò, il bisogno di sentirsi amato persisterà in età adulta.  Da qui si sviluppa l’amore dipendente. La donna adulta a questo punto farà di tutto perché questo bisogno venga soddisfatto e cercherà continue conferme. Anzi inconsciamente proverà a ricreare uno schema simile a quello vissuto da bambina nel tentativo di trovare riscatto e di riuscire stavolta ad ottenere le attenzioni non ricevute nell’ infanzia. Queste donne cercano di fuggire dal loro contesto sociale per poter nascondere ciò che succede nella relazione che le fa sentire inadeguate.

Per poter iniziare un processo di guarigione occorre prima di ogni cosa ammettere ed accettare di soffrire di dipendenza affettiva ed assumersi la propria responsabilità. Abbiamo detto dei vuoti che arrivano da lontano. Non lasciamo il carico solo agli altri però, ma assumiamoci la responsabilità  di affrontare questi vuoti, di lavorare sul nostro passato per elaborarlo e metabolizzarlo e poi lasciarlo andare. Dunque occorrerà imparare a darsi da sole tutto ciò che non si è ricevuto: cure, ascolto, accettazione, fiducia, protezione.  Inoltre altra premessa necessaria e indispensabile è decidere di non voler più soffrire, decisione senza la quale nessun tipo di percorso potrà essere efficace. E poi darsi tempo, aver pazienza con sé stesse. Accogliere le proprie fragilità e le proprie debolezze imparando nel contempo a proteggersi e a dir di no.

I primi passi importanti da fare lungo il cammino per attraversare il proprio deserto interiore, è quello di staccarsi da chi ci fa del male, di credere di meritare Amore e perciò di lasciare andare il bisogno del controllo e con esso tutti i giochi di interazione che in una relazione di dipendenza sono in atto. Oggi estremamente diffusi sono quelli che trovano facile messa in scena con cellulari e  social.

E poi il grande passo: imparare a star da sole. Sperimentare la solitudine come un spazio temporale di profonda intimità con se stesse e in cui riconnettersi col proprio io interiore per imparare a conoscersi, darsi valore e diritto di esistere. Non si può amare ciò che non si conosce. Nella solitudine con sé stesse si può diventare consapevoli di ciò che si è, dei propri bisogni e desideri, delle proprie caratteristiche positive e negative, imparando ad accettare anche fragilità e limiti e lasciando andare tutte le credenze errate di sé. Faticoso ma necessario è assolversi per le manchevolezze e gli errori, che sono stati comunque necessari lungo il nostro processo di evoluzione, e imparare a smorzare quelle inclinazioni che depotenziano l’autostima come la vergogna, la tendenza alla passività e al vittimismo. I passi successivi sono quelli utili a smettere di agire in funzione delle aspettative altrui e a smettere di indossare quelle maschere calzate per diventare come si credeva che gli altri ci volessero. Passi necessari per riacquistare autenticità e per poter affermare i propri diritti assertivi. Quelli di essere esattamente come si è, di poter dire no quando dire si significherebbe tradirsi, di poter dire non  mi interessa o non mi interessa più e quello di poter, se si desidera, cambiare.  L’ obiettivo è quello di riprendere il controllo sulla propria  vita, diventando autonome nel compiere delle scelte e nel porsi degli obiettivi di vita. Occorre imparare ad accettare che nonostante tutto non si può piacere a tutti, non si può essere amati da tutti e alle volte capita di non essere amate da chi vorremmo. Così come bisogna imparare ad accettare che le perdite fanno parte della vita, che l’amore può finire e fa male. Infine si può imparare ad amare di nuovo di un amore sano e maturo, lasciando che ci si avvicini solo chi crediamo ci meriti. E’ necessario imparare a distinguere fra attrazione, tra bisogno di ricevere attenzioni  ed innamoramento. E se ci si dovesse ritrovare in una relazione disfunzionale o distruttiva sapremmo uscirne, senza cadere in depressione, forti del fatto di volerci difendere.

Occorre lavorare su di sé per arrivare ad una maggior consapevolezza, per sviluppare l’autostima e prendere coscienza del proprio valore. Trovare la spinta per sperimentare nuovi atteggiamenti funzionali alla ripresa del controllo sulla propria vita, ridefinire il proprio progetto di vita, fissando da principio piccoli obiettivi e buttandosi in attività che interessino. Ad ogni passo fatto esserne orgogliose. Imparare anche  a riconoscere i cosiddetti uomini sbagliati e i meccanismi che si sono messi in atto nelle relazioni con loro. E’ un processo di guarigione lento ed impegnativo ma dal quale si può uscire vittoriose.